domenica 15 gennaio 2017

Il congiuntivo e la democrazia linguistica



Ho ripreso in mano un vecchio post, uno dei primi, in cui parlavo di grammatica in modo scherzoso. (lo trovate QUI)

Ripartendo da quelle considerazioni, mi sono trovato a riflettere su alcune delle cose che ho studiato nella mia carriera universitaria da traduttore circa il significato della grammatica e del suo posto nella nostra società.

Ha fatto molto discutere l'articolo del Corriere di Sabatini (qui), reo di prendere atto del progressivo declino di alcune forme linguistiche tipiche dell'italiano standard in favore delle loro varianti parlate.
Tra queste, il congiuntivo.

Apriti cielo: il congiuntivo è, per una buona fetta di italiani, l'equivalente linguistico del crocefisso nei luoghi pubblici e della liturgia in contesto civile. Non importa che ci si creda o se ne faccia uso, basta che ci sia. È un feticcio; come tutti i feticci, ha una valenza simbolica difensiva ed offensiva allo stesso tempo, è simbolo di rivalsa ed offesa. Il congiuntivo difende il mio status intellettuale: "Potrò esser costretto a fare i salti mortali per arrivare a fine mese ma almeno parlo correttamente!"; il congiuntivo mi permette di denigrare il pensiero altrui: "Ma cosa vuole saperne Lei che non saprebbe riconoscere un congiuntivo neanche se Le bussasse alla porta!". Difesa ed offesa, compiacimento e denigrazione.
(Analogo discorso per la forma di cortesia)

Nel paese del tifo su ogni cosa (persino sugli alberi di Natale - e la cosa in realtà sconvolgerebbe solo uno straniero), il Sabatini aveva lanciato un sasso nello stagno. Le onde sono consultabili in questa lettera di una studentessa 14enne (qui) e nei commenti sotto il suo articolo.

Non che i commenti su facebook siano molto meglio.

Questa difesa del feticcio-congiuntivo rappresenta una battaglia conservatrice e reazionaria all'ennesima potenza, lontanissima dalla battaglia per il congiuntivo lanciata da Don Milani, uno che di scuola ne aveva vista tanta (a differenza, sospetto, di molti dei commentatori. (segue screenshot di facebook)


Diventa così la battaglia per il congiuntivo una crociata nazionalista dal vago retrogusto di marchese del Grillo ("Io so' io e voi...") ma soprattutto un'occasione per sfogare la propria bile nei confronti del prossimo, percepito come inferiore. Solo che quelli che ora sputano sono persone "colte", "istruite", potenzialmente "intellettuali" e che quindi si trovano a disagio nel provare tali emozioni, a differenza di appartenenti ad altri schieramenti che con i pessimi sentimenti nei confronti altrui convivono benissimo.

Il congiuntivo è il pretesto per difendere un passato semi-mitico di purezza linguistica (e ritorna il discorso sulle caratteristiche dell'Ur-fascismo di Umberto Eco - in questo caso linguistico) in cui la scuola "faceva il proprio lavoro" e "non eravamo in mano ad un branco di pecoroni".
Dove l'ho già sentita questa...?
Ah, sì, sono gli stessi commenti riguardo agli elettori di Trump. Pre e post sconfitta, si intende. E gli stessi che, da una parte e dall'altra della barricata per il referendum, invocavano le restrizioni al diritto di voto: "Tu non pensi come me, tu non parli come me, tu non voti come me, pertanto sei pericoloso e devo proteggerti (e proteggerci) da te stesso".

Il diavolo si nasconde nei dettagli: lamentare la scomparsa del congiuntivo è cosa buona e giusta, a patto di evitare gli psicodrammi (tornando al Sabatini). Lo faccio anche io. Ma qual è il senso del congiuntivo e dove sta la sconfitta nella sua scomparsa?

Il congiuntivo è parte integrante di una lingua romanza derivata dal latino e, come tale, notoriamente complicata. Complicazione dovuta anche al fatto che la varietà standard ha circa centocinquant'anni e che il processo di uniformazione linguistica si è svolto tra periodi di abissale noncuranza e picchi di violenza inaudita (vedi italianizzazione di FVG, Sud Tirolo e Valle d'Aosta), lasciando spesso la popolazione generale incapace di esprimersi.

La situazione è andata evolvendosi dalla prima guerra mondiale, contesto in cui l'italiano stentato dei soldati semplici divenne lingua veicolare tra tutti i diversi dialettofoni, fino all'avvento della televisione e dell'istruzione di massa. In meno di ottant'anni il panorama linguistico è radicalmente cambiato, passando da una dialettofonia predominante ad un'italofonia di massa, specialmente giovanile.

Cosa c'entra il congiuntivo?
Il congiuntivo è, in combinazione con il condizionale, uno dei modi più difficili da usare nella lingua italiana, in particolare nei suoi tempi passati e composti (il congiuntivo imperfetto è un incubo per chiunque lo debba imparare da zero...). Risulta perciò perfettamente normale che una larga fascia della popolazione i cui studi si dovettero fermare magari prematuramente abbia difficoltà nella gestione delle costruzioni con il congiuntivo, specialmente le ipotetiche. È una situazione non nuova, già denunciata per tempo da illustri linguisti.

Da dove allora tutto questo scandalo?
Semplicemente perché, come diceva il buon Umberto Eco (passate a fargli omaggio qui), il luogo della chiacchierata da bar si è spostato dal tavolino fisico a quello virtuale del social network - ed ecco che la casistica diventa allarmante. Sono tanti, quelli che non sanno usare i congiuntivi; ognuno di noi ne conosce qualcuno. Vederli tutti assieme fa impressione.

Quello che però fa impressione a me è il conservatorismo di chi non si pone neppure il problema di cosa fare in questa situazione di "degrado linguistico" e parte subito all'attacco di chi, reo di essere davvero esperto, annuncia che in fondo non è un dramma: la lingua è di tutti i parlanti e i parlanti la modificano secondo le proprie (inconsce) esigenze. Qui si nota davvero la pochezza linguistica di chi commenta in tal modo: il congiuntivo è trattato come un gioiello; la lingua come un tesoro da difendere.

I tesori, ahimè, non sono produttivi, fatevene una ragione; il tesoro del drago si arricchisce con le rapine della bestia ma non cresce da solo, non si investe magicamente.

La lingua, per essere viva, non può essere crocefissa alle grammatiche, strumenti imprescindibili ma sempre costantemente in ritardo sui tempi; dev'essere parlata e - perché no- storpiata. Senza l'evoluzione linguistica staremmo ancora usando i sei casi del latino, coi tre generi e le cinque declinazioni: vi piacerebbe tornare ad un sistema del genere? A me no.

Allo stesso tempo, senza farne un dramma, guardiamo alla realtà: è una società ancora classista, la nostra, e il congiuntivo viene usato alla stregua di un termometro di status sociale. È fondamentale che i giovani e i meno giovani lo imparino, non tanto per compiacere i parrucconi, ma per poter tenere loro testa, per impedire a chi ha il potere di zittirli. Questo è il motivo per difendere il congiuntivo.

E che la lingua vada avanti ad evolversi per i fatti suoi, ché ce n'è tanto bisogno.

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